venerdì 29 settembre 2017

Piccoli crimini coniugali (2017)

Approfittando dell'edizione home video della Koch Media ho recuperato Piccoli crimini coniugali, film diretto e co-sceneggiato dal regista Alex Infascelli e tratto dall'omonima pièce teatrale di Éric-Emmanuel Schmitt. Sarò brevissima, ahimé.


Trama: Elia perde la memoria dopo un incidente e la moglie, dopo averlo riaccompagnato a casa, tenta di fargli ricordare il passato.



Ho deciso di guardare Piccoli crimini coniugali spinta da un trailer interessante e dal nome di Alex Infascelli in calce al DVD. Mi aspettavo una sorta di thriller "domestico" invece mi sono trovata davanti una pellicola dal fortissimo impianto teatrale che, fondamentalmente, parla di aria fritta. Probabilmente è un mio limite ma, a meno che non si tratti di una storia interessantissima interpretata da attori della madonna, le pellicole dove due o più persone si parlano addosso per un'ora e mezza senza risolvere nulla (o quasi) mi uccidono e Piccoli crimini coniugali purtroppo parte da una storia che interessante non è e che vede confrontarsi due attori bravi ma non eccezionali. Tutto verte sulla perdita di memoria di Elia e sul tentativo della moglie di fargliela recuperare, o perlomeno queste sembrano lì per lì le intenzioni della donna; mano a mano che la pellicola prosegue si svelano tuttavia i veri caratteri di due personaggi tristi, sgradevoli, pieni di sé e sconfitti dalla vita, legati da un sentimento che col tempo si è trasformato in qualcos'altro. Purtroppo è questo aspetto del film ad avermi allontanata da ciò che probabilmente Infascelli e compagnia volevano comunicare, perché dopo nemmeno cinque minuti sono arrivata a detestare sia Elia che sua moglie (forse di più il primo) e a mal tollerare la monotonia di una messinscena che li vede come unici protagonisti, persi in un appartamento/palcoscenico in grado di travalicare i limiti del tempo con un semplice cambio di luci, musica e abiti degli attori, senza soluzione di continuità. L'unica cosa che mi ha colpita di un film che non riguarderei nemmeno sotto tortura (e che conferma la bravura del regista, i cui film purtroppo non mi hanno mai soddisfatta interamente, non per colpa sua) è proprio il gusto non banale delle inquadrature, l'utilizzo particolare dei colori, la capacità di Infascelli di rivoluzionare l'appartamento alla bisogna con pochissimi accorgimenti e anche di dirigere Castellitto e la Buy fino a tirar fuori il meglio di loro nonostante il soggetto risibile e fastidioso. L'apice del film, e l'unico momento che probabilmente ricorderò, è la sequenza pre-rivelazione in cui Elia balla in un trionfo di ombre e neon blu sulle note di I Feel Love di Donna Summers: indubbiamente, se la pellicola fosse stata muta e interamente girata in questo modo assurdo, mi sarebbe piaciuta molto ma molto di più. Anzi, mi sarebbe piaciuta punto.

Alex Infascelli è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Nato a Roma, ha diretto film come Almost Blue, H2Odio e S is for Stanley. Anche attore, produttore e musicista, ha 48 anni.


Sergio Castellitto interpreta Elia. Nato a Roma, lo ricordo per film come La carne, Il grande cocomero, L'uomo delle stelle e L'ultimo bacio, inoltre ha partecipato a serie quali Un cane sciolto, Un cane sciolto 2 e Un cane sciolto 3. Anche sceneggiatore, regista e produttore, ha 64 anni.


Margherita Buy interpreta la moglie di Elia. Nata a Roma, la ricordo per film come Maledetto il giorno che t'ho incontrato, Le fate ignoranti, Caterina va in città e Il caimano. Anche sceneggiatrice, ha 55 anni.


Se Piccoli crimini coniugali vi fosse piaciuto recuperate Carnage. ENJOY!

giovedì 28 settembre 2017

(Gio) WE, Bolla! SPECIAL F&C EDITION

Buon giovedì a tutti!! Oggi è successa una cosa stranissima: a Savona è arrivato TUTTO!!! Non ci posso credere!!
E farete meglio a non crederci nemmeno voi, figurarsi. La verità è che sono stata adottata da Cannibal Kid e Mr James Ford, che mi hanno chiamata per dirimere la faida più antica della blogosfera. Dopo essermi scervellata un paio di minuti per capire come farli andare d'accordo, cercando nel dark web uno young adult action, ho infine scelto di fuggire col Bolluomo a Praga e limitarmi a fare da terzo incomodo all'interno della loro rubrica settimanale dedicata alle uscite cinematografiche italiane... e questo è il delirante risultato!! ENJOY! e grazie ancora a questi due baldi giovini per l'onore concessomi!

Madre!
Babol: ci abbiamo provato, io, il Cannibale Ford, ad infiltrarci durante la proiezione di Madre! a Venezia, travestiti da JLawAronofsky Javier Bardem. Non so come ma ci hanno riconosciuti e cacciati a pedate come dei plebei qualsiasi, così non abbiamo potuto unirci al coro quasi unanime di insulti, sputi e vituperi che hanno ricoperto l'ultima opera del povero Aronofsky. Non so i miei colleghi, ma io sono pronta a vendicarmi correndo al cinema piena di grandi e positive speranze, anche se la Lawrence mi ha spaccato i cabasisi da tempo.
Cannibal Kid: Il film più controverso dell'anno, e forse della storia del cinema recente, è pronto alla prova del pubblico italiano. Dopo i fischi di Venezia e l'accoglienza a dir poco negativa di spettatori e critici Usa, sicure al 100% arriveranno pure le bottigliate più prevedibili dell'anno da parte di quel bigotto moralista di Ford. Molto più interessante sarà invece scoprire la reazione della sempre imprevedibile Babol, una blogger che oscilla con disinvoltura tra le produzioni più trash e quelle più autoriali. Chissà poi cosa potrò pensare io, da sempre sostenitore e difensore sia di Jennifer Lawrence che di Darren Aronofsky, anche se nulla ho potuto ribattere alle critiche nei confronti del suo ultimo orrido Noah. Qui inoltre sento forte l'odore di un suo potenziale Antichrist, l'unico film di Von Trier che non ho apprezzato, e quindi il rischio che gli piovano addosso fischi e bottigliate anche da parte mia non è da escludere. In ogni caso, piaccia o meno, questo è uno di quei film da non perdere!
Ford: ormai ho l'impressione che Aronofsky, fatta eccezione per quella meraviglia di The wrestler e la gran ficata che fu Il cigno nero sia tornato ad essere quello che era nella prima parte della sua carriera, ovvero una pippa mascherata da grande autore. Jennifer Lawrence a parte, infatti, questo Madre! si candida ad essere uno dei titoli più bottigliati dell'autunno, anche se non mi dispiacerebbe essere smentito a riguardo.
Del resto, io sono sicuramente più imprevedibile in stile Bolla che non stantìo e finto giovane e alternativo come Cannibal.

Emoji - Accendi le emozioni
Babol: Potevo immaginare solo una cosa peggiore delle ammorbantissime emoticons: un cartone animato SULLE emoticons. Con Patrick Stewart messo a doppiare la cacchina!!! Gesù. Il Cannibale sarà anche Cucciolo Eroico ma credo che nemmeno lui s'abbasserebbe a vedere una simile rumenta mentre Mr. Ford non ha neppure Facebook, figuriamoci se userebbe i pargoli come scusa per guardare un film così insulso! ... o forse no?
Cannibal Kid: Le emoji le uso sempre molto volentieri. Detto questo e va bene che oggi un film non lo si nega a niente e a nessuno, però non credo ci fosse bisogno di una pellicola a loro dedicata. E invece l'hanno fatta e si preannuncia una di quelle bambinate animate finto trasgressive perfette per Ford. Peccato solo che lui le emoji non sappia manco cosa sono...
Per fargli prendere confidenza con il tema gliene voglio allora dedicare una, questa: 💩.
Quanto a Babol che fa finta di schifare tanto questa cacchina di pellicola, mi sa invece che ha già il suo posto in sala prenotato al sempre tanto criticato cinema di Savona. Anche perché sarà l'unico nuovo film che arriverà dalle sue parti. ;)
Ford: dall'avvento degli smartphone e compagnia io ho usato sempre e solo due emoticon. L'occhiolino e il sorriso. Ma più di questo non penso di poter reggere. Figuriamoci un intero film. Roba da pseudo giovani come Cannibal e filo-jappo come la Bolla.

Jukai - La foresta dei suicidi
Babol: per fortuna o purtroppo posso risparmiarmi di guardare questa ciofeca pseudohorror al cinema perché l'ho già vista e vorrei capire dove hanno tirato fuori lo jukai, quando nel film si nominano gli yurei. Mah. So che Ford e il Cannibale non si sono persi nemmeno una puntata di Game of Thrones ma stavolta non basta nemmeno il musetto da Lola Bunny porca di Margacosa, lì, Natalie Dormer, a risollevare le sorti di un film moscio come pochi. Non guardatelo che poi mi tocca venirvi a recuperare ad Aokigahara per la disperazione!
Cannibal Kid: Pure io questo film l'ho già visto e mi fa ben sperare nei confronti di Madre!. Se sono l'unico al mondo ad aver apprezzato questa ciofeca pseudohorror, è probabile che sarò l'unico al mondo a gridare al geniale capolavoro nei confronti del nuovo di Darren mio, anzi di Darren di Jennifer. Sarà perché non riesco a resistere alla Lola Bunny porca, qui presente addirittura in versione doppia, o sarà che mi è sembrato un horrorino dalle atmosfere e ambientazioni affascinanti e inquietanti, ma nonostante una parte finale piuttosto discutibile (come d'altra parte il 90% delle produzioni dell'orrore), a me non è dispiaciuto affatto. E qui se volete vi potete beccare pure la mia recensione .
Ford: io di horrorini del cazzo ne ho le palle piene. Dunque farò lo snob e lascerò all'esperta con lo stomaco del settore Bolla ed al pusillanime Peppa Kid l'onore (???) di recensirvi questa robetta.

L'incredibile vita di Norman
Babol: il titolo originale è più accattivante di quello italiano, come al solito. "La tranquilla ascesa e la tragica caduta di un risolutore newyorkese" profuma di tragicommedia indipendente lontano un chilometro, anche perché per l'occasione Richard Gere si è parecchio imbruttito. Ma chissenefrega di Richard Gere quando c'è Dan Stevens! Chiù Dan Stevens pe' tutte!!! Detto questo, mi sa che L'incredibile vita di Norman potrebbe essere un film che piacerà solo a me, sento già le risate stranamente congiunte di Ford e del Cannibale...
Cannibal Kid: Non mi attira un film intitolato L'incredibile vita di Norman e La tranquilla ascesa e la tragica caduta di un risolutore newyorkese non mi pare molto più accattivante, anzi. Mi vedrei un film su un risolutore giusto se fosse interpretato da Jessica Chastain, non certo da Richard Gere, per giunta imbruttito. Che poi non so se l'ha fatto volontariamente per fare l'indie, o è solo che è più vecchio di Ford e quindi gli anni stanno cominciando a passare pure per lui. Fatto sta che mi sa di porcatina esistenziale che piacerà, e pure guarderà, solo Babol. Anche perché Dan Stevens, nonostante Legion e The Guest, dopo La Bella e la Bestia in cui era molto meglio in versione Bestia, nun se pò più vedè.
Ford: robetta finto alternativa che potrebbe finire per scontentare perfino il re dei finto alternativi Cannibal Kid, ma forse non la Bolla, invaghita come Katniss Kid di Dan Stevens, che a parte l'ottimo The Guest non ne ha azzeccata una neanche per sbaglio.
Altro titolo che dribblo, dunque, molto volentieri.

Alibi.com
Babol: ho visto il trailer al cinema e mi è sembrata una scemenzina simpatica, girata da maledetti franscesi, buona per farsi due risate in una serata di stanca. Insomma, servirebbe un ottimo alibi per guardarlo senza essere insultati da eventuali lettori. Chissà cosa si inventeranno i miei due compari per giustificare le recensioni di Alibi.com che spunteranno prima o poi sui loro blog...
Cannibal Kid: Io non ho certo bisogno di alibi o di scuse per vedere e recensire un film del genere, visto che i miei lettori sono abituati a ben di peggio. E la mia passione per il cinema francese, anche per le commedie, è ormai cosa nota. I lettori di White Russian poi sono abituati ai 10 bicchieri di apprezzamento nei confronti di robette come Kung Fu Panda 3 o Cars 3 o qualsiasi altro terzo capitolo di saghe per bimbetti, quindi...
Ford: ormai sono troppo vecchio per gli alibi. E non ne ho bisogno per saltarmi film come questo. Ma siamo finiti nella settimana cannibalesca e nessuno me l'ha detto, Big Babol per prima?

L'intrusa
Babol: Eh ben, poteva mancare l'allegria di un bel polpettone drammatico italiano questa settimana? Giammai! E mica solo uno, eh. Ovviamente, dall'alto della mia ignoranza non conosco il regista Di Costanzo e francamente l'idea di guardare un film di donne, centri sociali, camorra e tristezza assortita poco mi arride, quindi passo la palla ai miei due colleghi che avranno sicuramente un'opinione più costruttiva della mia.
Cannibal Kid: L'intrusa? E che cos'è? Un instant movie dedicato all'apparizione di Babol in questa rubrica?
Ford, ma chi l'ha invitata questa? Sei stato tu?
Ford: ma se sei tu che inviti tutti per paura di stare da solo con me!?!?

Una famiglia
Babol: ecco la seconda opera italiana zeppa di allegria! Non ricordo quali siano le opinioni dei miei colleghi sulla Ramazzotti ma a naso direi che questo film potrebbe essere più Cannibale che Fordiano. Francamente, ho letto la trama e da donna mi angoscia, odio le pellicole in cui femmine dall'animo debole vengono assoggettate da uomini indegni, se poi ci sono di mezzo dei bambini ancora peggio. Di nuovo, lascio che i miei due compari spendano parole più illuminate (o obnubilate dalla Ramazzotti?)!
Cannibal Kid: Micaela Ramazzotti mi piace, anche se non mi entusiasma del tutto. In questo film comunque c'è da sottolineare soprattutto la presenza di Matilda De Angelis, la Jennifer Lawrence italiana. E voci da Venezia mi dicono che, anche se la pellicola non è un granché, qui compare senza veli. Quindi di cosa stiamo a parlare ancora? Questo è un film da vedere senza se e senza ma.
Ford: per me l'unica Ramazzotti è la sambuca. Detto questo, Matilda De Angelis senza veli me la gusto molto volentieri.

Babylon Sisters
Babol: leggere "attori non professionisti" solitamente mi fa venire la pellagra, soprattutto in una storia che mescola razzismo, vecchiacci che in realtà sono buoni come il pane e... Bollywood? Ma per carità: molto meglio sfidare Ford e il Cannibale a chi è in grado di scovare e guardare le ultime perle trash della vera Bollywood senza farsi sanguinare gli occhi!
Cannibal Kid: Ma che, questi fanno sul serio?
Se non altro loro ammettono di essere attori non professionisti. Cosa che dovrebbero fare pure molti degli action heroes tanto esaltati da Ford. E alcuni forse anche da Babol.
Ford: ci sono attori non professionisti, e critici non professionisti. E non sto parlando, ovviamente, della Bolla. Ma degli altri due.

Last Christmas
Babol: commedia surreale ispirata ad uno dei film cult del regista, ovvero Clerks. Sinceramente, non ho ancora capito chi, tra il Cannibale e Ford, sia Dante e chi Randal ma quello che ho capito è che da questo film mi terrò mooolto lontana.
Cannibal Kid: Già il fatto che uno giri un film in bianco e nero non ispirato dai Grandi Classici, ma da quella cagatina di Clerks, una delle pellicole più sopravvalutate di tutti i tempi e non a caso un cult fordiano assoluto, fa capire il livello cinematografico del regista. E poi fanno uscire un film intitolato Last Christmas a settembre? Ma la stagionalità tanto cara sia a me che a Ford allora la buttiamo proprio nel cesso?
Ford: la stagionalità, nel Cinema come in tutte le arti e nella vita, è fondamentale. Quindi George Michael e Babbo Natale possono aspettare fuori insieme a tutti i cannibali ed i registi che pensano di poter limitare o vituperare un cult assoluto come Clerks.

Chi m'ha visto
Babol: Non certo io. Scusami, Pierfrance', tu sei un gran figo ma Fiorellino non lo reggo proprio, né attore drammatico né comico, come in questo caso. E ora vi lascio che devo contattare la Sciarelli, non trovo più né il Cannibale Ford e non vorrei che fossero davvero scappati ad Aokigahara per cercare le due Dormer bionda e mora, lasciandomi così come unica padrona incontrastata della Blogosfera...!
Cannibal Kid: Le commedie italiane recenti per una serata scacciapensieri il loro dovere spesso lo sanno fare. È una cosa che a sorpresa sta comprendendo persino quel cocciuto di autore di White Russian. Io poi una pellicola a tematica musicale me la guardo sempre volentieri. Sono pure curioso di vedere come se la cava Fiorellino per una volta non alle prese con un biopic Rai. Anche se forse il suo personaggio di musicista fallito è ispirato alla vera storia di un certo James Ford...
Io intanto sono già fuggito a Aokigahara (anche se non so pronunciarlo), sperando di trovare almeno una Dormer. Anche se al massimo so che mi imbatterò in Ford o Babol, due tipi sempre in giro per il mondo tutto l'anno, e che, considerando che di cinema ne capiscono persino meno di me, forse dovrebbero cambiare genere e aprire un blog di viaggi, uahahah!
Ford: io non ho visto proprio nessuno. In fondo, girando così tanto, è difficile che veda le stesse facce più di una volta. Se poi si tratta di quella di Cannibal, meglio non incontrarsi proprio! E a Babol dico di tenersi alla larga dal suo amato Giappone e dall'altrettanto amata Australia: potrebbe trovare tracce dei due bloggers più terribili mai apparsi sulla Terra!

mercoledì 27 settembre 2017

L'inganno (2017)

Prima di partire per Praga sono riuscita ad andare a vedere anche L'inganno (The Beguiled), diretto e sceneggiato da Sofia Coppola a partire dal romanzo omonimo di Thomas P. Cullinan. Purtroppo, Valerian e la città dei mille pianeti è rimasto al palo, ché io tre giorni di fila per andare al cinema non li ho, quindi speriamo lo tengano anche la settimana prossima!


Trama: durante la guerra di secessione un soldato nordista ferito viene salvato e curato da un gruppo di donne del sud, isolate all'interno di una scuola. La presenza dell'uomo creerà ovviamente scompiglio...


L'enorme errore che ho fatto è stato guardare La notte brava del soldato Jonathan prima di L'inganno. Sofia Coppola ha giustamente dichiarato di essersi ispirata non già al film di Siegel bensì al romanzo di Cullinan per realizzare la sua ultima pellicola ma, non avendolo letto, non posso fare confronti e, davanti ad una simile dichiarazione, sarebbe antipatico da parte mia paragonare le due pellicole, eppure non riesco a farne a meno, quindi perdonate se questo post sarà viziato da inevitabili riferimenti al film del 1971. Quello che colpisce essenzialmente de L'inganno è la sua incredibile bellezza formale, cosa che ha giustamente portato Sofia Coppola a vincere la Palma d'oro a Cannes. Ogni singola inquadratura de L'inganno sembra infatti un dipinto riportato su grande schermo, sia che le scene si svolgano in interni che in esterni; al di là di alcune citazioni che omaggiano film come Via col vento, la composizione dell'immagine ha delle simmetrie e delle geometrie riscontrabili solo all'interno di una galleria d'arte colma di paesaggi e persino le pose degli attori all'interno degli ambienti richiamano alla mente i quadri a tema religioso e conviviale di fine settecento (Colin Farrell quando viene lavato dalla Kidman pare deposto come Cristo ai piedi della Croce), come se le protagoniste del film fossero rimaste prigioniere di un limbo senza tempo. A rendere il tutto ancora più "artistico" e meraviglioso ci pensa la fotografia di Philippe Le Sourd, capace di affascinare persino l'occhio inesperto di una profana come me; la luce naturale che penetra dalle enormi vetrate della magione di Miss Martha, così come quella artificiale di candelabri e lampade, creano dei giochi d'ombra che rende l'atmosfera del film in qualche modo fiabesca ma anche sottilmente inquietante e in molti casi rafforza l'illusione di trovarsi davanti a un quadro semovente, come quando la luce cade dall'alto ad illuminare la Kidman inginocchiata in preghiera o quando si palesano davanti agli occhi dello spettatore le solenni inquadrature nelle quali tre personaggi sostano baciati dalla luce del sole all'interno di una stanza, giustamente finite su più di un manifesto. La "dimensione artistica" de L'inganno è completata infine dai meravigliosi costumi di Stacey Battat, che ha regalato alle fanciulle presenti nel film degli abiti in grado di rivelare la loro personalità al primo sguardo, basti pensare alle mise vezzose di Elle Fanning (molto brava ma Jo Ann Harris all'epoca era su un altro pianeta in quanto a sensualità), quelle castigate di una favolosa Nicole Kidman e quelle più romantiche di Kirsten Dunst, con le sue spalle impudicamente scoperte. Insomma, un capolavoro d'incredibile bellezza, eppure il mio animo rustico non ha reagito bene come mi sarei aspettata.


A mio avviso, L'inganno offre molto in bellezza ma è assai avaro di emozioni, positive o negative che siano. Sotto questo aspetto, Sofia Coppola gioca di sottrazione arrivando ad esagerare, lasciando sospesi snodi narrativi che forse sarebbe stato meglio approfondire, a meno che non fosse richiesto allo spettatore di mettersi nei panni del Caporale e tenersi per sé tutta la curiosità, osservando da distante queste donne peculiari con una sensazione di straniamento inquieto. Nel film di Siegel, per esempio, i rapporti tra Miss Martha ed Edwina erano ben definiti, in quello della Coppola si percepisce "qualcosa" che le tiene distanti e che è difficile imputare solo ad una differenza generazionale; allo stesso modo, l'affetto che McBurney arriva a provare per Edwina sembra ancora più campato in aria rispetto a quarant'anni fa, e anche le deboli reazioni di lei non convincono, soprattutto sul finale o durante il momento clou, dove sembra che la Dunst non sia mai uscita dal pianeta condannato di Melancholia (forse qui parliamo di limite attoriale di una Dunst un po' sottotono?). L'inganno difetta anche dell'ambiguità che imperava ne La notte brava del soldato Jonathan, all'interno del quale le azioni di Miss Martha, Edwina e McBurney non avevano una connotazione chiaramente negativa o positiva e la scelta disperata delle donne nel pre-finale aveva un sapore di vendetta assai più marcato, così com'era più marcata la natura di "satiro" infingardo, di serpente nell'Eden dello splendido John di Clint Eastwood, mentre Colin Farrell nel momento clou mi è sembrato più mosso dall'alcool che da altro (le minacciose parole di John nel 1971 erano chiare: "Andrò a letto con chi vorrò". E il gioco di seduzione portato avanti dal personaggio era palese fin dal bacio iniziale alla sua piccola salvatrice, cosa che oggi probabilmente sarebbe infilmabile). La delicatezza della Coppola qui sta nello sviare l'attenzione dello spettatore dall'exploitation maschilista di Siegel e nel concentrarsi su una storia di donne sole ed isolate, mosse da carità cristiana prima, da desiderio poi ed infine da spirito di autoconservazione, senza caratterizzarle sfruttando un passato traumatico fatto di violenze, incesti o tradimenti e con la guerra che difficilmente riesce a raggiungere l'austera ma elegante magione di Miss Martha, quasi la stessa si trovasse in un mondo altro; eppure, lo stesso si ha la sensazione che manchi "qualcosa" e non mi riferisco al tanto vituperato white washing che ha fatto sparire persino la schiava di colore (d'altronde, la Coppola non era interessata a dipingere superficialmente la schiavitù quindi la scelta è assai condivisibile). Al southern gothic si è sostituito dunque un bellissimo southern suicide garden, il che non è una cosa negativa ma lo stesso non mi ha convinta quanto avrei voluto e come era riuscita a fare in passato la Coppola, persino col tanto detestato Bling Ring.


Della regista e sceneggiatrice Sofia Coppola ho già parlato QUI. Colin Farrell (Caporale McBurney), Nicole Kidman (Miss Martha), Kirsten Dunst (Edwina) e Elle Fanning (Alicia) li trovate invece ai rispettivi link.

Angourie Rice interpreta Jane. Australiana, la ricordo per film come These Final Hours, The Nice Guys e Spiderman: Homecoming. Ha 16 anni e un film in uscita.


Se L'inganno vi fosse piaciuto recuperate La notte brava del soldato Jonathan e Il giardino delle vergini suicide. ENJOY!

martedì 26 settembre 2017

Kingsman: Il cerchio d'oro (2017)

Avendo adorato il primo film non potevo perdere Kingsman: Il cerchio d'oro (Kingsman: The Golden Circle), diretto e co-sceneggiato dal regista Matthew Vaughn e ispirato al fumetto omonimo di Mark Millar. NO SPOILER, tranquilli.


Trama: ormai Eggsy è un Kingsman a tutti gli effetti e la sua vita procede nel migliore dei modi, almeno finché un'organizzazione criminale costringe gli agenti segreti inglesi a fuggire da Londra e allearsi coi "cugini" americani, gli Statesman.


Cosa gli vuoi dire a quello sfacciato di Matthew Vaughn? Quest'uomo è un truzzo esagerato, uno dei pochi ad aver capito che anche quando si parla di film d'intrattenimento bisogna fare sul serio, schiacciando sul pedale del cattivo gusto senza diventare antipatici (la scorsa volta c'era la Principessa p0rno, stavolta abbiamo una roba molto in stile titoli di testa di Senti chi parla!) e soprattutto creando un prodotto visivamente bello, con attori di un certo spessore in cerca di divertimento, basato su una storia che possa coinvolgere lo spettatore senza scadere nelle soluzioni facili o banali e, anche in quel caso, riuscendo comunque a renderle esaltanti. C'era riuscito già con Kick-Ass, vincendo ovviamente facile in quanto pesantemente spalleggiato dal folgorante fumetto di Mark Millar, aveva rinfrescato gli X-Men alla grande nel 2011 (e non a caso il franchise è andato calando dopo quel trionfo di X-Men - L'inizio) e nel 2014 era tornato a folgorare il pubblico con il primo Kingsman, la sagra scema dell'agente segreto inglese, una roba folle che andava a braccetto col ridicolo nobilitandolo e vestendolo da gentleman. Pur essendo amante di Kingsman mai avrei creduto in primis nella realizzazione di un sequel ma soprattutto di un seguito all'altezza del primo capitolo, invece Vaughn ce l'ha fatta anche stavolta e io non posso fare altro che volergli bene per mille motivi. Tanto per cominciare, Il cerchio d'oro si ricollega perfettamente alla pellicola del 2014 senza andare troppo a scomodare la memoria dello spettatore poco attento seppellendolo di dettagli impossibili da ricordare dopo tre anni ma facendo anche il gesto dell'ombrello agli "uomini fumetto" che non ne lasciano passare una agli sceneggiatori, i quali lavorando di lima sono riusciti a soddisfare anche i palati più esigenti (io per prima a un certo punto ho esclamato "Ma quello non aveva fatto quella fine...? E allora perché...?" prima di zittirmi e chinare il capo). Seconda cosa, Il cerchio d'oro presenta un'evoluzione di determinati personaggi, ci racconta qualcosina in più di quelli maggiormente amati e ne presenta altri con tutto il potenziale per diventare a loro volta dei beniamini, senza tuttavia farsi scrupoli quando si tratta di aumentare il bodycount: se è vero che un Kingsman non piange durante la missione e versa solamente una singola lacrima alla fine della stessa, in privato, è anche vero che alcuni colpi di scena sono crudeli tanto quanto l'inaspettata morte di Harry nel primo film e, come già accadeva nel 2014, la resa cartoonesca della violenza non toglie il fatto che anche Il cerchio d'oro scodelli al pubblico delle belle macellate.


Volendo trovare un difetto nella trama si potrebbe dire che Poppy, la villainess arrivata a sostituire Valentine (un Samuel L. Jackson "con zeppola" al quale comunque vanno i ringraziamenti post credits), è talmente pazza da rasentare il surreale e soprattutto che le scelte di un determinato personaggio sono guidate da motivazioni risibili ed infantili, ma sono due particolari che scompaiono davanti al gusto con cui Vaughn coreografa e riprende le sue esageratissime scene d'azione. Nulla a che vedere con la fisicità tecnica di Atomica Bionda, per carità, siamo su tutt'altro livello, però il risultato è altrettanto godurioso: il car chase iniziale lascia a bocca aperta, durante la sequenza in montagna è meglio chiuderla o si rischia di rimanere in debito d'ossigeno, i gadget dei nuovi Statesman (degna controparte "bovara" e cafona dei Kingsman) consentono la realizzazione di scontri corpo a corpo esaltanti quanto quelli del primo capitolo e persino delle sequenze riproposte che non vanno proprio come ci si aspetterebbe, in più stavolta ci sono persino i robot. I robot, santo cielo. In tutto questo, come ho detto, la cattiveria non manca e non si limita solo a qualche morto ammazzato in maniera particolarmente crudele. Al di là di un presidente particolarmente "trumpiano", la sceneggiatura punzecchia lo spettatore mediamente moralista e bigotto con un paio di domande scomode che probabilmente toccheranno più di un americano (ma non solo) e la risata sguaiata seguìta all'ennesima, coloratissima e cialtrona scena d'azione lascia spesso l'amaro in bocca. Fortuna che ad addolcire il tutto c'è Elton John. No, davvero. I Kingsman ereditati dalla prima pellicola sono meravigliosi, Colin Firth sempre più elegante e figo in primis, Julianne Moore si permette di gigioneggiare in maniera del tutto inaspettata, Jeff Bridges è una garanzia, Channing Tatum e soprattutto Pedro Pascal fanno il loro porco lavoro ma è SIR Elton John che merita il pagamento del prezzo del biglietto, lui e le sue canzoni, punte di diamante di una colonna sonora come al solito perfetta. La versione country della mia adorata Word Up e Take Me Home, Country Roads cantata da un Mark Strong in stato di grazia mi hanno mandata a casa canticchiando come nemmeno le colonne sonore congiunte di La La Land e Baby Driver sono riuscite a fare, ennesima dimostrazione di come Vaughn sappia mescolare sapientemente colonna sonora (ruffiana quanto volete ma sempre bella), regia, montaggio e una buona dose di truzzeria: d'altronde, che importa se Saturday Night's Alright (for Fighting) quando c'è casino di mercoledì? Bon, avevo promesso di non fare spoiler e dire altro sarebbe un delitto, aggiungo solo grazie Sir Matthew Vaughn per avermi resa felice come una bambina ancora una volta!


Del regista e sceneggiatore Matthew Vaughn ho già parlato QUI. Taron Egerton (Eggsy), Mark Strong (Merlino), Julianne Moore (Poppy), Colin Firth (Harry Hart), Michael Gambon (Artù), Channing Tatum (Tequila), Halle Berry (Ginger), Jeff Bridges (Champion), Pedro Pascal (Whiskey) ed Emily Watson (Capo di Stato Fox) li trovate invece ai rispettivi link.

Bruce Greenwood interpreta il Presidente degli Stati Uniti. Canadese, ha partecipato a film come Rambo, Orchidea selvaggia, Generazione perfetta, Truman Capote - A  sangue freddo, Déjà Vu - Corsa contro il tempo, Super 8, Come un tuono, l'imminente Il gioco di Gerald e a serie quali I viaggiatori delle tenebre e American Crime Story; come doppiatore, ha lavorato in serie come American Dad!. Anche produttore, ha 61 anni e due film in uscita.


Clara, fidanzata di Charlie, è interpretata da Poppy Delevingne, sorella maggiore di Cara già vista in King Arthur: Il potere della spada. Se Kingsman: Il cerchio d'oro vi fosse piaciuto, nell'attesa che esca un già annunciato terzo capitolo (e forse anche uno spin-off dedicato agli Statesman), recuperate Kingsman: Secret Service e il primo Kick - Ass. ENJOY!

domenica 24 settembre 2017

Lupin III - La principessa della brezza: La città nascosta nel cielo (2013)

Dopo una lunghissima pausa arranco verso la fine dello speciale Lupin III arrivando a parlare oggi di Lupin III - La principessa della brezza: La città nascosta nel cielo (ルパン三世 princess of the breeze 〜隠された空中都市〜 Rupan Sansei - princess of the breeze ~ Kakusareta kūchū toshi ~), diretto nel 2013 dal regista Takaomi Kasanaki.


Trama: alla fine di un colpo compiuto sui cieli di Amsterdam, Lupin si ritrova tra le mani un neonato e rimane coinvolto negli intrighi di chi cerca di rubare il fantomatico tesoro di Shahalta.


Un Jigen piuttosto disgustato dal mostro attaccato alla schiena
Mi avevano avvisata che sarebbe stato terribile guardare La principessa della brezza ma nessuno mi aveva preparata ad un simile orrore. Lasciamo perdere la trama, moscia e offensiva non solo per i fan di Lupin ma anche per quelli di Nausicaa della Valle del Vento, di cui lo special TV a un certo punto plagia brutalmente le atmosfere, che si conclude col solito "nulla di fatto" a livello di furto, preparando lo spettatore a ciò che sarebbe stata L'avventura italiana uscita di lì a poco (Lupin fa tutto per un cavatappi, nominato nel diario del nonno); tolta la solita damsel in distress stranamente ben caratterizzata e una parentesi col folle Mr G., vecchietto amico di Lupin che in cinque incredibili minuti diventa il personaggio secondario migliore di sempre, i nemici di turno sono talmente risibili da non avere neppure una caratterizzazione plausibile e il primo ministro che dovrebbe gestire nell'ombra l'intera faccenda è così apatico ed umorale da risultare un incrocio tra un emo biondo e un bimbominkia capriccioso. L'episodio è ambientato metà in Europa ("finalmente Lupin ha scelto di venire anche in Italia!", maledetti paraculi) e metà nella nazione inventata di Shahalta, famosa, si dice, per i giacimenti di elio e per questo tesoro che nessuno sa cosa sia ma che si rivela, in soldoni, l'ennesimo specchietto metaforico per le allodole veicolante la Moralona finale, per la quale lo "spirito di Shahalta" (quale sia, non è dato sapere) è l'unico vero tesoro in grado di cambiare il mondo. Mettendo sul trono del regno di cui sopra una mocciosa che per tutto il film non fa altro che piagnucolare senza ben capire che diamine le stia succedendo. Avevo detto che avrei lasciato perdere la trama, lo so, ma come si fa? La verità è che sto cercando di procrastinare il momento in cui dovrò scrivere dell'aberrazione principale, quell'orrendo neonato dalla faccia mostruosa, un incubo zuccheroso che costringe Lupin e Jigen a fare da papà e Goemon da zio, prima che si mettano tutti insieme ad incitarlo ad evacuare, povero frugoletto, come nemmeno nei peggiori episodi filler di Dragonball. Davanti a questo orrore scompare persino la bellezza del killer ipnotizzatore, quello che costringe Jigen a rivoltarsi contro Goemon, si volatilizzano financo la citazione da Matrix e la badassitudine devastante del mio pistolero preferito, cancellate in un attimo dall'ennesima gag col marmocchio inquietante.

Occhi sbrilluccicosi!
Sto neonato più terrificante di una reborn è anche la punta di diamante dell'ennesimo character design sbagliato sotto tutti i punti di vista, con i personaggi secondari che fanno a pugni con quelli principali e sembrano usciti da un universo differente e con (orribile visu!) un Lupin spesso dotato di occhi sbrilluccicosi, probabile retaggio di un regista e animatore impegnato solitamente in anime dallo stile più puccioso. Se ciò non vi basta, aggiungo anche che La principessa della brezza è lo special di Lupin III dove è stata più utilizzata (a sproposito) la computer graphic, largamente impiegata durante le battaglie aeree tra mezzi volanti dal design stranamente apprezzabile e un po' steampunk e anche, purtroppo, durante il tipico inseguimento automobilistico: vedere la splendida Mercedes SSK di Lupin ridotta a mostro pixelato uscito da uno dei peggiori videogame di ultima generazione spezza letteralmente il cuore, soprattutto perché la fusione tra fondale animato e mezzo semovente risulta posticcia a livelli incredibili. Cosa rimane dunque di buono alla fine della visione di La principessa della brezza oltre, appunto, la speranza di non doverlo riguardare mai più, neppure per sbaglio? Beh, probabilmente la dolce canzone cantata da Rasha, fortunatamente lasciata in italiano nonostante l'adattamento caprino dei responsabili dell'edizione nostrana. Quando la merDaset capirà finalmente che Lupin NON è una serie per bambini probabilmente sarà l'alba di una nuova era glaciale ma, detto questo, non credo che i piccoli spettatori casuali avrebbero avuto delle turbe psichiche nel sentire una ragazza urlare "maniaco!" (Yutika al Colosseo urla "chikan" a pieni polmoni, cosa che giustamente terrorizza Lupin e Jigen, sconvolge i carabinieri e fa infuriare Zenigata oltre ogni dire) invece che "mascalzone!", parola che difficilmente sortirebbe gli effetti di cui sopra sulle forze dell'ordine. Insomma, male sotto ogni punto di vista, nonché l'ennesima riprova che, per quanto possano fare schifo, gli special di Lupin andrebbero guardati in lingua originale. A proposito, il prossimo sarà Italian Game, tratto direttamente dall'ultima serie animata. Mi sento preventivamente male.

Takaomi Kanasaki è il regista della pellicola. Giapponese, anche animatore, ha diretto episodi di serie quali School Rumble, Kore wa zonbi desu ka e Kono subarashii sekai ni shukufuku o!.


Nel caso vi fosse comunque venuta voglia di vedere Lupin III - La principessa della brezza: La città nascosta nel cielo vi consiglierei di evitare e di cercare qualcos'altro QUI. ENJOY!

venerdì 22 settembre 2017

Dave Made a Maze (2017)

I film migliori si trovano a queste coordinate, c'è poco da fare. E' con questa convinzione in mente che qualche giorno fa ho guardato Dave Made a Maze, diretto e co-sceneggiato dal regista Bill Watterson, trovandomi davanti uno dei gioiellini di questa stagione.


Trama: Dave costruisce un labirinto di cartone in mezzo al salotto e si perde al suo interno. La fidanzata e alcuni amici partono al salvataggio ma l'impresa non è facile come sembra...


Per mille motivi, non ultimo il fatto di avere un blog e conseguentemente anche vivere anche nel terrore di scrivere (seppur involontariamente) le stesse cose riportate dai miei "colleghi", non leggo mai le recensioni dei film che non ho visto o che ho visto ma dei quali devo ancora parlare, se non magari qualche riga qui e là. Dal post di Lucia, per esempio, ho estrapolato quanto bastava per capire che Dave Made a Maze le era piaciuto e a questo entusiasmo della mia guru horror preferita si è aggiunta la mia gioia quando, tra gli interpreti, ho scorso il nome di Adam Busch, indimenticato membro della Troika nerd Buffyana. Queste due cose sono bastate per spingermi a recuperare il film di Bill Watterson ma, a dimostrazione che leggendo poco o nulla arrivo spesso a non sapere bene cosa aspettarmi da una determinata pellicola, mi sono accinta alla visione pensando che avrei guardato un horror quando invece Dave Made a Maze è una di quelle meravigliose opere che travalicano i generi e rinnovano la speranza verso il Cinema inteso come arte. Intendiamoci, non stiamo parlando di uno di quei film incomprensibili o snob, di quelli per intenderci che possono piacere solo ai "Cinefili nell'era dell'internét" (vi conviene seguire la pagina Facebook omonima!), bensì di un lavoro divertentissimo, zeppo d'inventiva e anche in grado di far riflettere. La storia è abbastanza semplice ed è tutta riassunta nel titolo: Dave ha costruito un labirinto. Questo thirtysomething, dal nulla, un giorno realizza un labirinto di cartone "partendo dal centro e creandogli attorno un guscio", il tutto mentre la fidanzata è fuori per lavoro. Il problema è che Dave non riesce più ad uscire dal labirinto perché dentro "è più grande di quel che sembra" e, dopo mille tentennamenti uniti ai moniti terrorizzati del ragazzo, la fidanzata e alcuni amici, tra cui un regista e i suoi collaboratori, decidono di varcare l'ingresso della struttura e partire al salvataggio. E' qui che il film diventa assurdo perché, in effetti, il labirinto di Dave è enorme, in continua espansione e molto, molto pericoloso. Lì dentro la gente si perde, cambia, viene posseduta... muore. Eppure, per quanto mostruoso, il labirinto è anche l'unica cosa che Dave, trentaqualcosa inconcludente, sia mai riuscito a costruire senza abbandonarla a sé stessa e il ragazzo VUOLE portarla a termine, costi quel che costi, per confermare a sé stesso e agli altri di valere qualcosa, di non essere l'ennesimo componente inutile di una società che non ha pietà nei confronti di chi non ha un progetto, un obiettivo o semplicemente non "produce". Lo sfogo di Dave, nella sua semplicità, è uno dei più belli e angoscianti sentiti quest'anno in un film: "Do you know what it means to be broke? It means that you are broken. That you don't work."


In un geniale gioco di parole, il protagonista del film riassume l'essenza degli esponenti della mia generazione, i quali se non hanno soldi, se non lavorano, letteralmente "non funzionano". Dave non funziona, non funziona se rapportato alla sua fidanzata in carriera oppure all'amico regista dotato di un "progetto" e pronto a sacrificare qualunque cosa per esso ed è per questo che il protagonista non riesce a smantellare il labirinto nonostante la morte di molti suoi amici... e nonostante sia arrivato a godere di vita propria, quasi Dave fosse moralmente troppo debole per poterglisi opporre. Quello che comincia come una supercazzola diventa così a poco a poco un percorso verso la crescita del protagonista, un viaggio che è una presa di coscienza, tra responsabilità, consapevolezza, rinunce e l'inevitabile gioco di squadra, perché anche se si è dei perdenti non vuole dire che si debba essere soli e senza amici. Questo assurdo road trip si traduce, ovviamente, in una messa in scena ancora più assurda e bellissima. Ogni stanza del labirinto è stata davvero realizzata in cartone, senza nessun effetto speciale digitale, e sul set ne potevano coesistere al massimo due, così che dopo ogni sequenza la stanza utilizzata veniva smantellata per fare spazio a quella seguente. Sapendo questo, spezza il cuore guardare Dave Made a Maze perché ogni ambiente di cartone è un trionfo di fantasia fatto di mascheroni semoventi, origami, carte da gioco, luci colorate, ombre che si muovono, orifizi inquietanti, stelle filanti, giochi di prospettiva, marionette di cartone (dei capolavori!!!) e qualunque altra cosa possa venirvi in mente per rendere accattivante ed inquietante un lavoro di bricolage che farebbe piangere di commozione Giovanni Muciaccia. Vedere per credere, le scenografie di Dave Made a Maze avrebbero meritato di venire conservate e messe in mostra, magari consentendo agli eventuali visitatori di percorrere il labirinto del titolo, possibilmente senza venire uccisi in un tripudio di stelle filanti e coriandoli come accade ai malcapitati che si perdono nei corridoi senza fine. Ecco, per chi si fosse lasciato ingannare come me dalla presenza di una recensione sul blog di Lucia, Dave Made a Maze non è un horror e nel corso della sua durata non viene spillata una singola goccia di sangue, anzi; l'idea che mi ha dato il film di Watterson è quella di un'opera particolare e dolceamara, una commedia nera che sicuramente non tocca i livelli di assurdità di Swiss Army Man ma le è molto vicina nello spirito, capace di far sorridere, stupire e ovviamente riflettere. Un piccolo gioiellino che, secondo me, non potete proprio perdere!

Bill Watterson è il regista e co-sceneggiatore della pellicola, al suo primo film come regista. Americano, anche attore, ha 44 anni.


Adam Busch interpreta Gordon. Infamissimo Warren della serie Buffy l'ammazzavampiri, ha partecipato a film come Léon e ad altre serie quali Dr. House, Grey's Anatomy e CSI - Scena del crimine. Americano, anche regista e produttore, ha 39 anni.


Nick Thune, che interpreta Dave, era il Willoughby marito di Chloe apparso nella seconda stagione di Non fidarti della str**** dell'interno 23. Detto questo, se Dave Made a Maze vi fosse piaciuto recuperate Labyrinth ed Essere John Malkovich. ENJOY!

giovedì 21 settembre 2017

70 anni di Re!


Stephen King oggi compie 70 anni.
La mia storia d'amore col Re dura da 23 anni, un'inezia, me ne rendo conto.
Era il 1994, avevo 13 anni, e non so perché dallo scaffale dei libri della Standa (santo cielo, la STANDA!) avevo scelto di prendere La lunga marcia. Non ricordo proprio il motivo di questa scelta, nessuno che conoscessi leggeva King all'epoca, forse è stato un suggerimento estrapolato da qualche editoriale di Dylan Dog, vai a sapere. Tra l'altro, la scelta era caduta nemmeno su un libro di Stephen King, anche se allora il suo nome campeggiava in copertina, ma uno del "cattivissimo" Richard Bachman, il cui fascino malandrino e cupo mi ha fatta capitolare.
Da allora, lo zio Stevie mi ha fatto compagnia d'estate, sul terrazzo dove consumavo avidamente ogni suo romanzo su cui mi fosse consentito mettere le mani, d'inverno durante le lunghe influenze da passare a letto, nelle altre stagioni a pranzo e cena, nei momenti di relax, durante i viaggi in autobus, treno, aereo, lontano lontano fino in Australia, baluardo contro i momenti difficili durante i quali tutta la mia famiglia era distante ma non lui, non lo Zio del Maine; a Natale, Epifania o compleanno, quale regalo più gradito di un libro del Re?, nelle bancarelle, nei negozi di seconda mano prima ancora che nelle librerie (ché quella maledetta edizione di Ossessione che vedevo da ragazzina e che i miei genitori non mi hanno mai comprato me la sogno ancora la notte, maledizione!!), in Italia, all'estero, on line, nei fumetti, tramite il figlio Joe Hill, al cinema e in TV... Stephen King è sempre stato, e spero ancora sarà a lungo, una costante della mia vita.
E non scherzo quando dico che lui, per me, è lo zio lontano, quello che mi ha insegnato il piacere delle storie, prima ancora della lettura.
Ancora tanti auguri, Zio Stephen... e che il Ka ti sia sempre propizio!

(Gio)WE, Bolla! 21/09/2017

Buon giovedì a tutti! Questa è la settimana che più aspettavo/temevo, poiché le uscite sono ottime e abbondanti e non c'è tempo per vederle tutte! Quindi bando alle ciance e... ENJOY!

L'inganno
Reazione a caldo: Evvai!!
Bolla, rifletti!: Non speravo che uscisse anche qui, sono sincera. Remake Coppoliano di un film inquietante e bellissimo, spero possa dare alla storia originale quel twist malinconico che solo questa grande regista sa imporre. La settimana prossima andrò a vederlo, stay tuned!

Noi siamo tutto
Reazione a caldo: Ecco, allora rimanete così.
Bolla, rifletti!: No, vi prego, lo young adult deprimente a base di amore e persone malate non lo merito. Lo lascio tutto, ma proprio tutto, a voi!

Valerian e la città dei mille pianeti
Reazione a caldo: Evviva!
Bolla, rifletti!: Accolto da sputi e pernacchie, arriva anche in Italia l'ultimo lavoro di Luc Besson, tratto da una psichedelica bande dessinée franzosa. Sospendo il giudizio fino alla visione ma secondo me, complice anche un trailer molto serioso, gli spettatori lo hanno schifato perché si aspettavano tutt'altro rispetto alle atmosfere particolari del fumetto. Vedremo.

Kingsman - Il cerchio d'oro
Reazione a caldo: Non vedo l'ora.
Bolla, rifletti!: Avevo adorato quella supercazzola del primo Kingsman e riguardandolo qualche sera fa la voglia di scoprire cosa ne sia stato di Eggsy, Lancillotto e compagnia è aumentata sempre di più. Mi aspetto tamarreide e assurdità a palate!

Al cinema d'élite un road movie tutto italiano...

Easy - Un viaggio facile facile
Reazione a caldo: Sembra valido!
Bolla, rifletti!: Commedia grottesca a base di paesaggi lontani e personaggi peculiari, questo "road movie con cadavere" sembra uno di quei film da recuperare appena sarà disponibile in home video!

mercoledì 20 settembre 2017

La notte brava del soldato Jonathan (1971)

Siccome domani dovrebbe uscire in tutta Italia (ma figuriamoci se a Savona succederà) L'inganno di Sofia Coppola ho deciso di recuperare il film di cui è remake, La notte brava del soldato Jonathan (The Beguiled), diretto nel 1971 dal regista Don Siegel e tratto dal romanzo omonimo di Thomas P. Cullinan.


Trama: durante la guerra civile americana un soldato nordista ferito viene accolto in un collegio di sole ragazze, stanziato in Virginia. Inizialmente diffidenti davanti al nemico, insegnanti e allieve si ritroveranno presto ad essere pericolosamente attratte dall'uomo...


Ho cominciato la visione di La notte brava del soldato Jonathan (che poi il soldato si chiama John quindi non capisco perché intitolarlo così...) senza troppe aspettative, convinta che mi sarei trovata davanti un melodrammone lento e datato, invece ho avuto la fortuna di vedere un film angosciante e a mio avviso parecchio "avanti" per l'epoca, al punto che leggere on line di come L'inganno ne sia una versione più "divertente e gentile" mi ha fatto passare interamente la voglia di guardare la pellicola di Sofia Coppola. Di divertente e gentile nel film di Siegel non c'è proprio nulla per fortuna e la cosa è chiara fin dall'inizio, con la carrellata dei suoni di guerra che accompagna i titoli di testa, per poi sfumare nella melodia fiabesca che introduce l'innocente Amy, bimbetta in cerca di funghi nel bosco che s'imbatte all'improvviso nel nemico. Il nemico ha le fattezze familiari e decisamente piacenti di Clint Eastwood, attore verso cui lo spettatore già all'epoca era spinto a provare determinate emozioni positive, non certo a riconoscerlo come villain, se mi passate il termine; eppure, la prima impressione che si ha del bel Clint è assimilabile all'incontro con un serpente nell'erba, un serpente pronto ad infiltrarsi nell'Eden tutto femminile creato da Miss Martha e corromperlo col fascino e l'inganno, approfittando dei cuori "deboli" di un branco di donne. Da esponente del sesso femminile, non posso non riconoscere a La notte brava del soldato Jonathan un fondo di maschilismo compiaciuto, concretizzato in una sceneggiatura che dipinge le donne alternativamente come zoccolotte in erba (la splendida e sensuale Carol), zitelle indurite dalla vita che davanti alla vista di un uomo si sciolgono come burro e verginelle ingenue pronte a promettere amore eterno al primo streppone che le intorta con un paio di promesse e ovviamente a perdonarlo in caso di tradimento, tuttavia la pellicola è anche inusitatamente crudele e alcune sequenze farebbero la gioia di un thriller-horror alla Misery non deve morire oppure di un revenge movie. La morale della pellicola infatti potrebbe essere "attenti a non giocare coi cuori delle fanciulle perché non si sa mai come potrebbero reagire" ma non è solo questo aspetto a rendere il film di Siegel inquietante e in qualche modo "sbagliato".


A rendere scomoda la poltrona dell'eventuale spettatore c'è la claustrofobica messinscena che trasforma il collegio femminile di Miss Martha in un mondo altro, un'oasi di pace all'interno di una zona di guerra che in realtà nasconde qualcosa di ancora più oscuro, dei segreti che minacciano di distruggerne l'armoniosa facciata. Incesto, violenza, schiavitù e depressione sono le manifestazioni tangibili di un disagio alimentato dall'isolamento e dal terrore di ciò che si trova fuori dai sicuri cancelli della villa, che potrebbero essere varcati da un momento all'altro da soldati alleati ma vogliosi, disposti ad offrire protezione dai nordisti in cambio delle grazie di un gruppo di belle signorine, ed è in questa situazione già altamente esplosiva che va ad inserirsi con anche troppa baldanza il "soldato Jonathan", convinto di poter diventare il gallo del pollaio. La regia di Siegel alimenta quest'atmosfera oscura con sequenze oniriche che sono un mix tra i sogni erotici dei coinvolti e un serpeggiante senso di colpa (il parallelo tra la deposizione del corpo di Cristo e quello di John è blasfemo ma colmo di significati), al quale si aggiungono le immagini di animaletti condannati a un ben triste destino e flashback che chiariscono la mentalità dei protagonisti e li sbugiardano rivelando la doppiezza delle loro parole, soprattutto per quel che riguarda il personaggio di Clint Eastwood. Quest'ultimo, dal canto suo, si "limita" a recitare la parte del bel manzo, elargendo generosamente baci, abbracci e anche di più, mentre invece il cast femminile è perfettamente in grado di reggere qualsiasi sguardo in camera e spedire dritta giù per la schiena dello spettatore abbondanza di brividi. Geraldine Page nel ruolo di Miss Martha è la quintessenza della matrona inflessibile con lo sguardo folle ma la migliore è forse Elizabeth Hartman, la cui apparente delicatezza d'animo cela una furia terrificante, per non parlare poi di un paio di giovani attrici costrette in ruoli abbastanza scomodi, in odore di pedofilia. Altro non aggiungo per non rovinare la sorpresa a chi non avesse mai visto La notte brava del soldato Jonathan, dico solo che, nel caso L'inganno non dovesse arrivare nelle vostre sale, il film di Don Siegel è sicuramente un ottimo, sorprendente sostituto.


Di Clint Eastwood, che interpreta John McBurney, ho già parlato QUI.

Don Siegel (vero nome Donald Siegel) è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come L'invasione degli ultracorpi, Ispettore Callaghan: Il caso Scorpio è tuo!, Fuga da Alcatraz ed episodi di serie quali Ai confini della realtà. Anche produttore, attore e sceneggiatore, è morto nel 1991, all'età di 78 anni.


Geraldine Page interpreta Martha. Americana, ha partecipato a film come Il giorno della locusta, In viaggio verso Bountiful (ha vinto l'Oscar come Migliore Attrice Protagonista) e a serie quali Il tenente Kojak; ha lavorato come doppiatrice per il film Bianca e Bernie, dove ha prestato la voce a Madame Medusa. E' morta nel 1987, all'età di 62 anni.


Melody Thomas Scott, che interpreta la giovane Abigail, è diventata col tempo una delle attrici principali della soap opera Febbre d'amore di cui tuttavia non ho mai visto una puntata. Clint Eastwood e Jo Ann Harris (all'epoca quarantunenne lui e ventiduenne lei) hanno avuto una love story che è durata anche dopo la fine delle riprese; questo è stato anche il film durante cui Eastwood si è cimentato per la prima volta con la regia, realizzando un dietro le quinte di 12 minuti dal titolo The Beguiled: The Storyteller, interamente focalizzato sul lavoro di Don Siegel. Grande esclusa dal film è stata invece Jeanne Moreau, fortemente voluta dal regista per il ruolo di Miss Martha ma invisa ai produttori. Nell'attesa che esca L'inganno, se La notte brava del soldato Jonathan vi fosse piaciuto recuperate Brivido nella notte, sempre con Clint Eastwood e sempre del 1971. ENJOY!

martedì 19 settembre 2017

Antropophagus (1980)

Sì, mi sono riguardata Antropophagus, film scritto e diretto da Joe D'Amato nel 1980. E senza nemmeno che me lo chiedesse Obsidian. La follia è vicina ma c'è un motivo. (in)seguitemi un po'.


Trama: un gruppo di turisti sbarca su un'isoletta greca solo per scoprire che un mostro cannibale ha ucciso tutti gli abitanti e ora ha scelto loro come nuove prede...



La mia storia con Antropophagus risale alle superiori. A diciannove anni fa, se devo dare retta ad Ale e Paola, che proprio nel 1998 si sono messi assieme; la mia amica Paola a quei tempi era una persona meglio, poi è stata circuita da quell'horroromane di Ale, che ha contestualmente cominciato a spacciarmi horror sopraffini, ovvero tutte quelle camurrìe italiane di serie Z uscite tra gli anni '70 e '80. Una delle videocassette prestatemi da Ale all'epoca era stata, per l'appunto, Antropophagus, forse accompagnata addirittura dall'altro schifo immondo rivalutato col tempo, Buio omega. Avete idea di cosa fosse, per una cresciuta a pane e horror americani, vedere robe così agghiaccianti e realizzate con due lire? Altro che venire folgorata sulla via di Damasco come Quentin Tarantino, ricordo benissimo di aver passato un'ora di noia mortale, di avere spento con un urlo la TV durante la temibile scena del "coniglio" e di essere andata in bagno a vomitare, giurando su ogni divinità che non avrei mai, mai, mai, mai più guardato Antropophagus in vita mia e passando anni a maledire Joe D'Amato, George Eastman e persino il padrone/macellaio di quella povera bestia. Con l'avvento di internet, vai a sapere per quale motivo, ho messo su un dvd una versione di Antropophagus trovata anni fa sul mulo e l'ho lasciata lì a prendere polvere e vecchiaia, al punto che qualche sera fa, mossa dall'insano desiderio di mettermi alla prova, il supporto digitale mi ha fatto il gesto dell'ombrello rifiutandosi di farmi vedere il film. A casa mia, questo significa guerra ed ecco che finalmente, testardamente, infattamente e prepotentemente, mi sono incaponita e ho ripescato la pellicola di Joe D'Amato, riuscendo così a vedere 'sto benedetto nonché disgustoso finale di cui parlano tutti i libri dedicati ad un certo tipo di cinema. Dopo quasi vent'anni. All'anima. E quindi, dopo tutto questo tempo, ho fatto pace con D'Amato e col suo sanguinolento amico spellato?


Sì e no. Come vedete, non riesco ad essere ironica come quando scrivo di altre "perle" d'italico orrore. Questo perché Antropohagus mi fa schifo a pelle, mi mette ansia nonostante la pochezza degli effetti speciali (quella testa finta dentro al secchio, santo cielo...), la cagnoleria (?) degli attori, la messa in scena goffa, la colonna sonora raccapricciante (la micidiale combinazione simil-sirtaki/simil-sarabanda Handeliana rischia di far esplodere le orecchie ai più sensibili, occhio) e alcuni palesi errori di regia/sceneggiatura/consecutio temporum, talmente grandi da causare un sanguinamento oculare post rotazione a velocità warp. Per esempio, quando Maggie viene trascinata via dal mostro, dall'inquadratura si evince benissimo che gli amici di lei non potevano non vederli: erano lì a un metro!! Poi ci sono gattini e pipistrelli che vengono letteralmente lanciati addosso agli attori, persone che non sanno leggere le carte eppure se la credono tantissimo, gente che arriva in un'isola sconosciuta ma, chissà come, ha già in tasca la chiave del cimitero per giocare scherzoni alle amiche, gente che mangerebbe il figlio senza scrupoli ma non Marta, Marta no, Marta ci dispiace e diventiamo pazzi, mi raccomando, ville di due piani che, magie del montaggio, si ritrovano con settantadue rampe di scale, manco fossero un grattacielo newyorchese, soprattutto c'è un cannibale sprecone, che alle sue vittime tira un morso e poi bon, il resto lo lascia ai ratti oppure lo nasconde sotto lenzuola (comprarsi un frigo pare brutto?) che le sciocche protagoniste non mancano di sollevare non una ma due, tre volte, neanche la solfa cambiasse e sperassero di trovarci sotto un buono per il parrucchiere invece che un cadavere putrescente. E però. E però caSSo, la "scena del coniglio" rivolta lo stomaco ancora oggi, nonostante sappia che di coniglio si tratta. E però George Eastman fa paura anche e soprattutto con quel trucco raffazzonato che gli hanno messo in faccia, e lo so che è assurdo pensare che qualcuno possa diventare un mostro di simile bruttezza "solo" per essersi dato al cannibalismo ma l'idea di un paesino abbandonato dove costui scorazza libero di morderti la giugulare qualche brivido me lo da. E però Antropophagus appoggia sulla schiena dello spettatore un bel carico di disagio, anche per tutti i difetti elencati sopra, ché quella musichetta ti entra nelle orecchie e nonostante tutto capisci che Joe D'Amato e George Eastman erano una bella associazione a delinquere, capace di sfornarti il cult horror così, a tradimento, e di sconfiggere la mia solita vena polemica. Secondo me, signori, sono venti anni di trauma a frenarmi, quindi non posso fare altro che togliermi il cappello e dichiararmi sconfitta da Antropophagus, anche se non riesco comunque a consigliarvi di guardarlo, questo mai.


Del regista e co-sceneggiatore Joe D'Amato ho già parlato QUI mentre Serena Grandi, che interpreta Maggie ed è accreditata come Vanessa Steiger, la trovate QUA.

Tisa Farrow (vero nome Theresa Magdalena Farrow) interpreta Julie. Americana, sorella di Mia Farrow, la ricordo per film come Manhattan e Zombi 2. Ha 66 anni.


Margaret Mazzantini (accreditata come Margaret Donnelly) interpreta Henriette. Diventata famosa come scrittrice e anche moglie di Sergio Castellitto, come attrice ha lavorato in film quali Un cane sciolto 2, Il barbiere di Rio, Libero burro e Non ti muovere. Anche sceneggiatrice, ha 56 anni.


George Eastman (al secolo, Luigi Montefiori) interpreta Klaus Wortmann, alias Antropophagus, ed è il co-sceneggiatore della pellicola. Nato a Genova, ha partecipato a film quali Fellini - Satyricon, La collina degli stivali, Amico stammi lontano almeno un palmo, Il richiamo della foresta, Baba Yaga, Cani arrabbiati, Bordella, Regalo di Natale, Deliria e La rivincita di Natale. Anche regista e produttore, ha 75 anni.


Zora Kerova (vero nome Zora Ulla Keslerová) interpreta Carol. Nata a Praga, ha partecipato a film come La casa dalle finestre che ridono, Cannibal Ferox, Lo squartatore di New York, Quando Alice ruppe lo specchio, Il fantasma di Sodoma e Papà dice messa. Ha 67 anni.


Mark Bodin, che interpreta Daniel, era già nel cast di un'altra pietra miliare dell'horror di serie Z italiano, ovvero Alien 2 sulla terra. Antropophagus è stato uno dei video nasty banditi in Inghilterra negli anni '80 e solo nel 2002 è approdato sul suolo inglese, tagliato di 8 minuti (nella fattispecie mancano un paio di morsi alla gola, la scena del "coniglio" e il finale in cui il mostro si autocannibalizza, di fatto in questa versione il film finisce brutalmente con il colpo di picozza e stop); dal 2015 si può trovare anche lì la versione uncut, benché vietata ai minori di 18 anni. Nel 1981, Joe D'Amato (col nome di Peter Newton) e George Eastman sono tornati a collaborare e hanno girato un horror dal titolo Rosso sangue; la pellicola è stata distribuita negli USA come sequel di Antropophagus (e addirittura come sesto capitolo della saga degli zombie romeriana, don't ask) ma, sebbene anche Rosso sangue sia finito nell'elenco dei video nasty e "riabilitato" solo quest'anno, tra i due film non c'è alcun legame. Esiste però un remake intitolato Anthropophagus 2000, girato nel 1999 da Andreas Schnaas come omaggio al defunto Joe D'Amato, praticamente identico nella trama ma ambientato nientemeno che a Borgo San Lorenzo, in Toscana. Se vi fosse piaciuto Antropophagus recuperate entrambi i film, io evito tranquillamente! ENJOY!



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